Una associazione a delinquere specializzata nella cattura, lavorazione e vendita, in Italia e all’estero, delle oloturie, più comunemente note come “cetrioli di mare”, di cui è vietata la pesca, al fine di contrastare la loro graduale scomparsa dal mar Jonio. È quella sgominata dagli uomini del Reparto aeronavale della Guardia di Finanza di Taranto, nel corso di una vasta operazione, conclusasi con l’arresto di 21 persone. In 9 sono finiti in carcere e 12 ai domiciliari con l’accusa di disastro ambientale.
Le ordinanze di custodia cautelare sono state firmate dal Gip del Tribunale del capoluogo jonico, su richiesta della Procura, al termine di una indagine condotta dalle Fiamme Gialle a partire dal 2021.
In particolare, tra il 2022 ed il 2023, a seguito di quanto emerso nel corso dell’attività investigativa, i militari hanno sottoposto a sequestro, nei confronti di alcuni degli indagati, oltre 5 tonnellate di oloturie, pescate illegalmente nelle acque del litorale tarantino, oltre a due locali adibiti allo stoccaggio e alla loro lavorazione. L’inchiesta aveva inoltre già portato all’arresto di un cittadino cinese di 50 anni, che aveva realizzato un laboratorio clandestino per l’essicazione e la successiva vendita del prodotto.
Una volta pescati e ancora vivi, i “cetrioli di mare” venivano esportati in Grecia e Turchia dall’organizzazione, che si serviva di propri autotrasportatori stranieri ma anche di ignari operatori di aziende di logistica, per effettuare spedizioni nazionali ed internazionali del prodotto lavorato ed essiccato.
Un giro d’affari in grado di fruttare milioni di euro considerato che – spiegano gli investigatori – le oloturie risultano molto preziose sia per i bracconieri ittici, che per l’intero sistema di brokeraggio che cura la loro esportazione in Cina. Qui il valore dei “cetrioli di mare” essiccati può raggiungere infatti i 700 euro al chilo, con punte anche di oltre 3mila euro.