«La causa materiale del disastro è un errore nel distanziamento. I treni sono stati mandati a memoria, ecco perché si sono scontrati». E’ stata molto lunga, piuttosto chiara e dettagliata la ricostruzione da parte del Pm Donato Pesce dell’incidente ferroviario del 12 luglio 2016 nella scorsa udienza del Processo per la tragedia sulla tratta Andria-Corato. Davanti ai giudici del Tribunale di Trani nell’aula bunker del carcere, la seconda parte della lunga requisitoria dei pubblici ministeri per sostenere le accuse ai 17 imputati. Si torna in aula domani, giovedì 13 ottobre probabilmente con l’ultimo atto della requisitoria dei pm Pesce e Catalano. Poi spazio alle parti civili e successivamente alle difese. Faro del percorso di ricostruzione da parte dei pm, di un processo durato 3 anni e con oltre 100 teste ascoltati, è la sentenza della cassazione sulla tragedia alla ThyssenKrupp nello stabilimento di Torino del 2007: individuato il rischio si deve individuare anche il garante ed il gestore di quel rischio e bisogna indicare quegli elementi che, difatto, potevano consentire di prevedere l’episodio. «Condotte – spiegano i pm – che sono commissive per i diretti operatori ferroviari intervenuti in quella movimentazione dei treni, omissive per tutti gli altri imputati persone fisiche».
Nel corso della lunga requisitoria nella scorsa udienza, durata praticamente sei ore, il pubblico ministero ha diffusamente parlato delle cause di primo e di secondo livello per l’avvenuto disastro. Si è parlato di sicurezza, di violazione dei regolamenti, di stress dei dipendenti e della parziale formazione. E’ stato ribadito anche il concetto di “ridondanza umana” nel sistema ferroviario che prevede solo il blocco telefonico come controllo di sicurezza ed il non utilizzo della tecnologica. L’accusa ha anche sottolineato i tanti “errori” in fase di applicazione dei regolamenti in particolare nella sistematica compilazione anticipata dei dispacci e la partenza precedente al treno normale di un treno supplementare, una situazione che si era già ripetuta circa 150 volte prima dell’incidente nel corso di pochi anni. Sino ad arrivare all’analisi dei tanti pericolati. Insomma il pm ha sottolineato che vi era «un fallimento sistemico del sistema di organizzazione della impresa ferroviaria». Ed in questo contesto la Ferrotramviaria non avrebbe adottato, hanno spiegato dall’accusa, «ulteriori misure mitigative per aumentare il livello di attenzione degli operatori ed evitare, quindi, che compissero degli errori». Tra le altre cose c’è la tecnologia del blocco conta assi che, se installata sulla tratta, avrebbe certamente evitato il disastro. Un excursus sulle accuse da cui si ripartirà domani in cui i due pubblici ministeri, il Dr. Pesce ed il Dr. Catalano, parleranno anche degli organi di vigilanza.