Vincenzo Coviello ha presentato ricorso contro il licenziamento dell’estate scorsa da parte dell’Intesa San Paolo, provvedimento – a suo dire attraverso i legali – non del tutto giustificato rispetto a quanto successo. Il 52enne bitontino è indagato per accesso abusivo ai sistemi informatici e tentato procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, reati che avrebbe commesso da impiegato della banca, nella distaccata di Bisceglie della filiale di Barletta. Tra i conti correnti spiati, anche quello della premier Giorgia Meloni, oltre a diverse personalità politiche, istituzionali e della magistratura, per un totale di oltre 6.600 accessi ai dati di 3.500 clienti tra febbraio 2022 e aprile di quest’anno. «Possiamo escludere che sia stata compiuta una attività di dossieraggio, di qualsiasi dimensione e natura o, comunque, che vi sia stata cessione di dati a terzi – hanno affermano in una nota gli avvocati di Coviello -. Vista la delicata fase processuale, in questa sede possiamo soltanto evidenziare che, nel corso delle perquisizioni eseguite il 10 ottobre presso l’abitazione e altri locali in uso all’indagato – aggiungono gli avvocati – non è stata rinvenuta, nella disponibilità del dottor Coviello, documentazione attinente ai fatti per cui si procede». Coviello avrebbe ribadito più volte di aver agito da solo, senza alcun mandante alle spalle. Solo curiosità. E intanto il caso dei conti spiati è finito sotto l’attenzione del procuratore antimafia Giovanni Melillo – anche lui tra gli spiati del 52enne bitontino – ieri mattina a Bari durante un vertice con il procuratore di Bari Roberto Rossi. Il caso ora verrà anche sottoposto all’Agenzia per la Cybersecurezza nazionale. Nel fascicolo sono indagati anche i vertici della banca di Intesa San Paolo. Dovranno dimostrare di aver attuato tutte le misure di sicurezza del caso.
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