Padre e figlio non erano armati, e sarebbero stati speronati e poi inseguiti per chilometri dall’auto sulla quale viaggiava la vittima. È questa la ricostruzione che emerge dall’interrogatorio di Renato Canonico, uno dei tre indagati nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Vito Caputo, il 29enne di Mola di Bari ucciso a coltellate, il 16 marzo scorso, nel centro di Capurso, durante una lite in strada.
L’uomo, di 50 anni, alla presenza del suo legale, Roberto Chiusolo, ha fornito al pm Michele Ruggiero una dichiarazione scritta, con la sua versione dei fatti, acquisita dalla Procura di Bari come interrogatorio.
Secondo la ricostruzione, Renato Canonico avrebbe accompagnato suo figlio Pietro, 29 anni, anche lui indagato per rissa, aggravata dal decesso di uno dei partecipanti, presso il Comune di Cellamare, per incontrare la sua ex compagna e un’assistente sociale, e discutere dell’affidamento del figlio minorenne della coppia.
Dopo l’incontro – sempre secondo la versione dell’uomo – la vittima e il suo amico Fabio Domenico Chiarelli, attuale fidanzato della donna, avrebbero cominciato a seguire e a speronare la vettura dei Canonico. L’inseguimento si è concluso nel centro di Capurso, dove sarebbe scoppiata la rissa costata la vita a Caputo, raggiunto da un fendente mortale al torace.
Renato Canonico – ha dichiarato il legale – è stato aggredito da Chiarelli ed è rimasto a terra, fino a quando non è arrivata l’ambulanza, non riuscendo a vedere molto di ciò che è accaduto nei minuti successivi. Sia lui che il figlio Pietro, inoltre, non erano in possesso di armi.
Intanto vanno avanti le indagini dei Carabinieri per fare luce su quanto avvenuto la sera del delitto. Oltre alla morte del giovane molese, nella violenta colluttazione sono rimasti feriti i due Canonico, di cui uno in maniera grave, e Fabio Domenico Chiarelli, che sarebbe stato soccorso e condotto in auto da due persone, già identificate, fino all’ingresso dell’ospedale.