Il processo “Giustizia Svenduta” che vede imputati gli ex magistrati di Trani Antonio Savasta e Antonio Scimè, ed altre tre persone, riprenderà il prossimo 28 febbraio davanti alla Sezione penale della Corte d’appello di Potenza. Si tratta del secondo troncone del processo dopo la decisione con cui la Cassazione ha revocato l’annullamento della sentenza di primo grado disposta dalla Corte d’appello di Lecce. Si riparte quindi dalle condanne in abbreviato nei confronti dei due ex pm – rispettivamente a 10 e 4 anni – per sentenze pilotate in cambio di denaro e favori da parte dell’imprenditore Flavio D’Introno, l’unico condannato in via definitiva a seguito di patteggiamento. Nelle scorse settimane i giudici lucani hanno fissato anche il processo principale, quello che vede al centro l’ex magistrato Michele Nardi (condannato a 16 anni e 9 mesi) e le altre quattro persone che invece si erano fatte giudicare a Lecce con il rito ordinario. Per entrambi i casi la Corte d’appello aveva disposto l’annullamento per incompetenza funzionale, sostenendo in sostanza che il processo doveva fin dall’inizio essere svolto a Potenza perché ad alcuni degli imputati erano contestate condotte che includevano l’ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo. Dopo l’annullamento e la trasmissione degli atti, il gup di Potenza ha però sollevato conflitto di competenza (per entrambi i tronconi) e la Cassazione ha ripristinato le condanne di primo grado, confermando comunque lo spostamento di sede. Savasta (che per questa vicenda ha scontato 30 mesi di custodia cautelare tra carcere e domiciliari) ha fatto parziali ammissioni rispetto alle accuse e si è poi dimesso dalla magistratura. Scimè, sospeso dopo la condanna di primo grado, nel 2023 aveva invece chiesto il trasferimento e dunque il cambio di toga: ha preso possesso del nuovo ruolo salvo poi essere sospeso dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, sempre per la pendenza del processo che lo riguarda. Intanto il 3 febbraio comincia (sempre a Potenza) il processo di primo grado che riguarda Emilia Savasta, la sorella dell’ex pm. Anche lei, nell’impostazione accusatoria della Procura di Lecce – poi passata in Basilicata – avrebbe lucrato sui soldi degli imprenditori Flavio D’Introno e Paolo Tarantini.
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