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Cronaca

Mafia garganica, il retroscena del “pentito” Pettinicchio: “Franco Romito fu ammazzato perché collaborava con le forze dell’ordine”

Continuano le deposizioni nell’ambito di “Omnia Nostra”, il processo alla mafia garganica in corso in Corte d’Assise a Foggia. A parlare è stato il collaboratore di giustizia Matteo Pettinicchio, il 40enne che è il primo pentito del clan dei montanari Li-Bergolis-Miucci. Significativi molti dei suoi passaggi, fatti in videoconferenza da una località segreta. A cominciare da quello relativo all’uccisione del boss manfredoniano Franco Romito, ammazzato nel 2009 perchè, a dire di Pettinicchio, collaborava con le forze dell’ordine. Informazioni sono state fornite anche sul basista della strage di San Marco in Lamis, Giovanni Caterino, membro del clan dei montanari e con un ruolo nel quadruplice omocidio che il 9 agosto del 2017 causò la morte di Mario Luciano Romito, Matteo De Palma e due estranei agli ambienti criminali, i fratelli Luciani, contadini che erano in quella zona per lavoro. Per Pettinicchio l’attentato a Caterino, avvenuto un anno dopo, fu fatto proprio perchè sospettato di aver preso in qualche maniera parte a quella strage. Una storia criminale, quella di Pettinicchio, cominciata a soli 15 anni, con contatti mantenuti con l’esterno attraverso lettere e telefoni cellulari introdotti clandestinamente nel carcere. Partecipò a tutte le fasi del conflitto tra i clan contrapposti, ha affermato nell’udienza di un processo che conta 24 imputati accusati a vario titolo di mafia, tentato omocidio, armi, estorsioni e droga. Pettinicchio sarà nuovamente ascoltato il prossimo 12 maggio.

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