Omar Trotta “andava ucciso perché a sua volta commetteva omicidi a carico del nostro gruppo”. Sono in sintesi queste le motivazioni date dall’ex boss di Vieste, divenuto collaboratore di giustizia, Marco Raduano, nel corso dell’ interrogatorio in modalità remota in Corte d’Assise a Foggia. Un interrogatorio in cui è stato ricostruito l’omicidio del 31enne, ammazzato il 27 luglio del 2017 nel suo ristorante, nel centro di Vieste, sotto gli occhi della compagna e della figlia di pochi mesi. Le dichiarazioni di Raduano sono state rese durante una delle udienze del processo a carico di Angelo Bonsanto, il sanseverese ritenuto uno dei due presunti killer nell’agguato in cui il viestano Gianluigi Troiano, anch’egli oggi collaboratore di giustizia, avrebbe fatto da basista. Resta al momento ignoto il presunto complice dell’esecuzione materiale dell’omicidio. Raduano ha risposto alle domande poste dal legale del presunto killer, difeso dall’avvocato Luigi Marinelli, raccontando che l’omicidio fu pianificato il giorno prima nel corso di un summit tenuto all’interno di un agriturismo della zona. E proprio in quell’occasione conobbe Angelo Bonsanto. Raduano ha anche detto che il presunto basista Troiano era un suo infiltrato nel gruppo contrapposto e il suo compito fu quello di dare indicazioni sulle abitudini della vittima e fornì ai killer la foto del luogo in cui provvedere all’esecuzione. I due sicari, subito dopo l’agguato, fuggirono in campagna subito a bordo di due scooter e furono poi accompagnati a Mattinata da Antonio Quitadamo, anch’egli divenuto collaboratore di giustizia. Il prossimo appuntamento in aula è stato fissato per il 14 febbraio: ad essere ascoltati saranno quattro testi della Procura Distrettuale Antimafia, carabinieri della scientifica e del nucleo investigativo che si occuparono dei rilievi tecnici e delle indagini.